La CGE, con sentenza C-41/17, ha stabilito che le lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento, che effettuano un lavoro a turni svolto parzialmente in orario notturno devono ritenersi svolgere un lavoro notturno e godono della tutela specifica contro i rischi ai quali tale lavoro può essere associato. La Corte ha precisato, in primo luogo, che la Direttiva 92/85/CE, sulla sicurezza e la salute delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento, si applica a una situazione in cui la lavoratrice interessata svolge un lavoro a turni nell’ambito del quale compie una parte soltanto delle proprie mansioni in orario notturno. In secondo luogo, la Corte ha dichiarato che le norme sull’inversione dell’onere della prova, previste dalla Direttiva 2006/54/CE sulla parità di trattamento tra uomini e donne in materia di occupazione e impiego, si applicano a una situazione come quella esaminata nella sentenza in commento, laddove la lavoratrice interessata esponga fatti tali da suggerire che la valutazione dei rischi associati al suo posto di lavoro non ha incluso un esame specifico che tenesse conto della sua situazione individuale, il che permette, quindi, di presumere l’esistenza di una discriminazione diretta fondata sul sesso, ai sensi di tale Direttiva. La mancanza di un simile esame, infatti, configurerebbe un’ipotesi di trattamento meno favorevole di una donna per ragioni collegate alla gravidanza o al congedo per maternità, ai sensi della Direttiva 92/85/CE, il che costituirebbe una discriminazione diretta fondata sul sesso, a norma della Direttiva 2006/54/CE, che consente l’inversione dell’onere della prova.
DONNE IN ALLATTAMENTO ESONERATE DAL LAVORO NOTTURNO
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